Konstantin Simonov, Aspettami e io tornerò


Konstantin Michajlovic Simonov

Aspettami e io tornerò

Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze.
Aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c'è caldo,
quando più non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.

Aspettami ed io tornerò,
non augurare del bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono più,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell'anima mia...
Aspettami. E non t'affrettare
a bere insieme con loro.

Aspettami ed io tornerò
ad onta di tutte le morti.
E colui che ormai non mi aspettava,
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro.

Vivere attendendo. E' la condizione esistenziale a cui tutti siamo legati indissolubilmente: tutti noi attendiamo, tutti noi viviamo la speranza di qualcosa e lo proiettiamo in un futuro indefinito per nutrire i nostri vuoti. L'attesa è una condizione umana insita nei più profondi desideri. Anche quando raggiungiamo un obiettivo, in noi continua a persistere l'attesa di qualcos'altro, di qualcosa di più. Una condizione simile può essere atroce, addirittura una tortura, se non viene illuminata, se non viene riempita dal senso, dal significato. E' la condizione che descrisse, ad esempio, Dino Buzzati nel suo romanzo "Il deserto dei Tartari": aspettare il nulla.
Ma solamente l'amore può dare un senso a questa condizione umana, può illuminarla, trasfigurarla. Vivere l'attesa, come fosse la presenza di un bene maggiora già in questo momento, hinc et nunc. L'attesa come mezzo per scoprire davvero l'amore ("chi non aspettò non può capire / come tu mi abbia salvato / in mezzo al fuoco / con la tua attesa"). Giungere alla salvezza tramite la costanza di saper alimentare, giorno per giorno, il proprio fuoco interiore. Curare, coltivare e alimentare una speranza, perché nel profondo del cuore se ne riconosce la bontà e la bellezza dai frutti che già adesso riesce a portare. Solo con questa costanza si può giungere al compimento di un significato preannunciato e amato: "solo noi due conosceremo / come io sia sopravvissuto / tu hai saputo aspettare semplicemente / come nessun altro".
Parole più semplici non possono esistere per indicare come la realtà dell'attesa, insita in ognuna di noi, possa creare un bene, se vissuta nel profondo con la speranza di una presenza vera, tangibile al cuore e alla mente. 

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