Nikos Kazantzakis, La morte di Odisseo


Nikos Kazantzakis

La morte di Odisseo

Ritto sull'albero di mezzo, tra grappoli d'uva riccia,
il grande Viaggiatore ascoltava il canto del ritorno;
chiare e vuote le sue pupille, il cuore più leggero -
la vita e la morte un canto, e l'uccello è la nostra mente.

Si guarda intorno, muove le mani, stringe piano i denti,
affonda le mani tra i fichi, le melagrane e l'uva,
e intorno ai suoi lombi si rinfrescano i dodici dèi.

Il corpo intero del grande Giramondo si trasforma in bruma, 
la sua goletta di neve, gli amici, i frutti e la memoria
oscillano lentamente come nebbia sul mare, svaniscono come rugiada.

Si dissolve la carne, si offusca lo sguardo, più non batte il cuore;
e la grande mente balza sulla vetta del suo sacro riscatto,
un palpito di ali vuote, e Odisseo, eretto nel vento,
si leva in volo, libero dall'ultima gabbia: la sua libertà.

Come nebbia ogni cosa si dissolve, e solamente un grido
sulle acque calme color notte sta sospeso per un istante:
"Forza, ragazzi, a prora soffia la dolce brezza della morte!"

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